mercoledì 11 settembre 2013

SUPERSTIZIONE



SUPERSTIZIONE 
...scaramanzia, fortuna, cartomanzia, gatto nero, cornetto portafortuna, far cadere il sale, venerdì 17, porta bene, porta male, viola, malocchio... ad ognuno la sua 

Avvertenze del Cicap

Causa ed effetto: una questione per niente semplice
Una vecchia storiella narra di un viaggiatore che lanciava periodicamente palline di carta dal finestrino del treno. Un passeggero incuriosito gli chiese il perché di quella strana pratica: «Serve a tenere lontani gli elefanti» rispose il viaggiatore. Dopo che il suo compagno di viaggio gli fece notare che in quella zona non esistevano affatto elefanti, il viaggiatore replicò: «Vede che la mia tecnica funziona!»
foto di Renato Trucco
La nostra mente spesso ci inganna, creando relazioni tra fenomeni che in realtà sono assolu- tamente estranei l’un l’altro. Se due eventi si verificano contemporaneamente viene abbastanza spontaneo considerarli legati da un meccanismo di causa ed effetto: se si verifica il primo, si veri- fica anche il secondo (i latini dicevano: «post hoc, ergo propter hoc»). Tuttavia si tratta di una conclu- sione azzardata, poiché i fenomeni potrebbero essere assolutamente indipendenti nonostante la sequenza temporale. Il rischio di cadere in simili trappole è particolarmente alto quando si esaminano eventi che possono avere più cause: a volte può essere estremamente difficile distinguere quelle vere da quelle apparenti.
Le comuni superstizioni consistono proprio in errate attribuzioni di relazioni di causa ed effet- to. Nel comportamento superstizioso, infatti, ci si aspetta che l’adozione o l’omissione di un dato comportamento possa influenzare eventi futuri («Tocco un ferro di cavallo così le cose mi andran- no bene», «Non passo sotto una scala per evitare sciagure future» eccetera). Tuttavia gli eventi che ci si propone di influenzare avvengono in maniera del tutto indipendente da quello che noi facciamo. La relazione tra il nostro comportamento e la realizzazione di un certo evento è quindi del tut- to casuale. Solo casualmente infatti ci può essere una correlazione, ma credere che essa sia in realtà dovuta a un meccanismo di causa ed effetto è del tutto infondato. La superstizione nasce quindi da un’errata valutazione della causalità che, no- nostante venga smentita nella maggior parte dei casi, viene ritenuta vera basandosi solo su pochi eventi isolati (che magari non sono accaduti nemmeno a noi stessi, ma ci sono semplicemente stati raccontati da altri) che sembrano confermarla.
foto di Renato Trucco

Animali e uomini egualmente superstiziosi

Il comportamento superstizioso è stato oggetto di numerosi studi ed è abbastanza singolare aver scoperto che esso non è una prerogativa degli esseri umani. Anche gli animali possono essere su- perstiziosi. I primi studi pionieristici in tal senso furono fatti dallo psicologo americano Burrhus Frederic Skinner. Skinner scoprì una singolare forma di apprendimento chiamato “condiziona- mento operante”. In questo processo di apprendimento un animale constata una relazione di causa ed effetto tra un suo comportamento e determinate conseguenze che possono gratificarlo (ad esempio l’erogazione di cibo). Skinner progettò delle gabbie munite di una leva, azionando la quale si apriva un dispensatore di cibo e mise un piccione all’interno di una delle sue gabbie. Il dispensatore di cibo tuttavia non era collegato alla leva, ma a un meccanismo a tempo che eroga- va il cibo indipendentemente dal fatto di azionare o meno la leva. Ciò nonostante, il piccione cominciò a ripetere il comportamento che, in maniera del tutto casuale, stava attuando l’attimo prima dell’erogazione del cibo. Skinner fece l’esperimento con diversi piccioni e ciascuno elaborò una sua particolare superstizione: un soggetto girava su se stesso, uno allungava il collo verso un angolo della gabbia, un altro tirava su la testa con uno scatto, un altro ancora sembrava spazzolare con il becco l’aria sopra il fondo della gabbia e due dondolavano la testa. I piccioni avevano cioè stabilito un rapporto di causa ed effetto del tutto erroneo: una vera superstizione.
Al di là di quella che è l’esperienza di ognuno di noi, che anche l’uomo possa assumere compor- tamenti superstiziosi quando viene posto nelle stesse condizioni dei piccioni di Skinner è stato dimostrato da un curioso esperimento condotto dal giapponese Koichi Ono dell’Università Kona- zawa di Tokyo. Alcuni studenti universitari volontari vennero rinchiusi in una particolare stan- za con un tavolo sul quale erano fissate tre leve. Sulla parete di fronte al tavolo venne posiziona- to un contatore che segnalava un punteggio che veniva interamente gestito da un computer. Agli studenti venne detto che avrebbero dovuto cercare di guadagnare più punti possibile, senza dire loro però in che modo avrebbero potuto farlo. Gli studenti ovviamente non sapevano che nessuna delle loro azioni sarebbe stata efficace ai fini del conseguimento del punteggio. Molti studenti, al pari dei piccioni di Skinner, svilupparono comportamenti superstiziosi. Molti azionavano in vari modi le leve. Altri, pensando che le leve non avessero alcun effetto, assunsero i comportamen- ti più bizzarri quali arrampicarsi sul tavolo, picchiare sul muro, sul contatore o saltare ripetuta- mente fino a toccare il soffitto.

Le superstizioni classiche
Una superstizione è sostanzialmente una creden- za in fatti empiricamente rilevabili che non sia so- stenuta da dimostrazioni concrete. Molte persone che vi credono lo fanno a livello puramente emo- tivo e non sempre ammettono pubblicamente le loro credenze. Diversi antropologi hanno appro- fondito lo studio delle origini di certe supersti- zioni raggiungendo risultati sicuramente degni di attenzione. Innanzi tutto è interessante analizzare l’etimologia di certi termini, quali: supersti- zione, malocchio, iettatura. Nel mondo romano la parola superstitio indicava un eccesso di pratiche e osservanze religiose. Secondo lo storico Jean- Claude Schmitt il termine deriverebbe da super- sto, ovvero “essere al di sopra”, inteso nel senso di “essere testimone”. Appare inoltre probabile che l’origine del termine sia da ricercare nel ver- bo arcaico superstito che significava “preservare, far durare, far sopravvivere”. Quindi le pratiche superstiziose avrebbero come scopo il preservare la vita, evitando pericolose influenze. Il termine malocchio deriva invece sicuramente dal presun- to potere malaugurante che veniva attribuito allo sguardo di certe persone (mal-occhio). La stessa origine può essere attribuita al termine iettatura, poiché le influenze negative venivano, per così dire, “gettate” dall’occhio malevolo. Con il tempo l’occhio perse il monopolio di fonte di influenze negative, di conseguenza i termini malocchio e iettatura furono impiegati in generale per indica- re qualsiasi tipo di effetto malefico generato da persone, animali o cose.
L’elenco delle superstizioni sarebbe lunghissimo e il loro studio ha fatto emergere una vasta ca- sistica fortemente dipendente dalle varie culture locali. Alcune superstizioni sono molto diffuse anche in Italia, ed esaminare la loro origine può essere divertente e illuminante.
Cominciamo con la credenza che attribuisce conseguenze negative al sale o all’olio versati accidentalmente. L’origine di tale credenza è molto prosaica e se vogliamo, in qualche misura, ra- zionale. Sia il sale che l’olio, nell’antichità, erano beni preziosi e molto costosi, di conseguenza una loro perdita accidentale veniva giustamente con- siderata una disgrazia. Da questa motivazione originaria trasse poi origine tutta una serie di al- tre superstizioni e di effetti magico-religiosi legati a questi preziosi condimenti. Il sale e l’olio sono, infatti, parte integrante di numerosi riti, sia nella religione cristiana sia in altre confessioni.
Superstizione gatto nero
Un’altra superstizione molto diffusa è quella legata alla rottura degli specchi. Sin dal mito di Narciso che si innamorava della propria immagi- ne riflessa, gli specchi hanno avuto una particola- re attenzione da parte del pensiero magico e mi- tologico. L’immagine riflessa veniva in qualche modo considerata un altro io, e in qualche modo assimilata all’anima o allo spirito (tra l’altro sem- bra che etimologicamente spectrum e speculum abbiano un’origine comune). Di conseguenza appare plausibile pensare che gli effetti negativi le- gati alla rottura di uno specchio nascano dall’idea che la distruzione della propria immagine riflessa possa preludere, in qualche modo, alla propria.
Una delle superstizioni più comuni è quella legata ai gatti neri. Il gatto, fin da epoche remote, è stato considerato un animale inquietante carico di particolari caratteristiche magiche e sacre. Probabilmente ciò è dovuto alla sua particolare agilità che gli consente di apparire e scomparire rapidamente, alla particolare luminosità dei suoi occhi nel buio e al suo incedere silenzioso. Il gatto nero, poi, a causa del colore notoriamente associato al lutto, è stato investito di particolari influenze nefande. Va tuttavia osservato che in certe culture, ad esempio negli Stati Uniti, il gatto nero è stranamente considerato di buon auspicio.
I numeri hanno da sempre esercitato uno straordinario fascino sull’uomo. Com’è noto, nell’an- tichità la scuola pitagorica elaborò una vera e propria mistica numerologica con la quale si cer- cava di interpretare il mondo. Retaggi di queste concezioni si ritrovano nelle numerose super- stizioni legate ai numeri. Gli esempi più comu- ni sono quelli legati al 13 e al 17. Mentre appare certa l’origine delle credenze sul numero 13 in relazione al tradimento di Gesù Cristo, più incerta appare quella relativa al 17. Probabilmente risale a qualche evento infausto verificatosi in tale data. Secondo alcuni deriverebbe invece dal fatto che, in numeri romani, il 17 si scrive XVII che, opportunamente anagrammato, può formare VIXI che significa vissi e che presuppone quindi la morte. Altro numero che gode di grande attenzione da parte dei numerologi è il 666 che, secondo la tradizione biblica, rappresenterebbe l’anticristo (Apocalisse 13:18).
Visto che l'autore di questo blog vuole intervistare sull'argomento molti personaggi del mondo dello spettacolo, è doveroso fare un cenno all’origine della superstizione, molto praticata soprattutto in campo teatrale, che consiste nel pronunciare la famosa “parola di Cambronne”, prima dell’inizio di ogni rappresentazione. Sembra che il potere beneaugurante di questa parolaccia risalga ai tempi in cui a teatro si andava in carrozza. I cavalli, come è noto, adempiono spesso ai loro bisogni fisiologici sulla pubblica via e osservare molta...”merda” davanti al teatro significava molto pubblico e quindi lauti guadagni per i teatranti. Nel mondo dello spettacolo è anche piuttosto diffusa la superstizione nei confronti del colore viola, considerato malaugu- rante. All’origine di questa credenza vi è l’usanza, diffusa nel Medioevo, di vietare nel periodo della Quaresima gli spettacoli teatrali e quelli pubblici che si tenevano per le vie o le piazze delle città. Nello stesso periodo i preti indossavano appun- to una stola viola. Ovviamente la proibizione di tenere rappresentazioni teatrali causava gravi di- sagi economici ad attori e saltimbanchi. Anche se molti non sanno il perché, ancora oggi il colore viola è quindi bandito in televisione e in teatro.

La diffusione delle false superstizioni

Come abbiamo visto, le false credenze e superstizioni nascono spesso da esperienze che fanno dedurre erronei rapporti di causa ed effetto. Tuttavia nella nostra specie la maggior parte delle false credenze non viene sviluppata in seguito a esperienze dirette del soggetto ma, come molte delle cose che sap- piamo, viene appresa per trasmissione culturale. Anche in questo campo però non abbiamo l’e- sclusiva. Anche negli animali infatti i compor- tamenti superstiziosi possono essere trasmessi
culturalmente. Lo ha ampiamente dimostrato con i suoi studi sui merli l’etologo Eberhard Cu- rio dell’università di Bochum, in Germania. Un merlo era stato condizionato ad avere paura di un oggetto o un animale assolutamente innocuo. Una volta messo in libertà trasmise questa paura, assolutamente ingiustificata, anche ai suoi simili.
Le false credenze si diffondono rapidamente, soprattutto nella nostra società dominata oramai dall’informazione. Occorre inoltre osservare che molti, per svariati motivi, hanno interesse affinché esse prosperino. Chi ha interesse a far sì che certe credenze si diffondano e attecchiscano nella socie- tà, spesso utilizza diverse tecniche. Da un lato c’è chi sfrutta i meccanismi di propagazione tipici dei pettegolezzi, del sentito dire, delle leggende e delle stesse barzellette: ovvero il passaparola. Non di rado questo meccanismo fa anche appello al principio di autorità: lo ha detto la tv, il giornale o un personaggio famoso. 

Silvano Fuso 

docente - responsabile Scuola Cicap 

3 commenti:

  1. non è vero ma ci credo!!!

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    1. per chi creda sia solo un gioco o per chi pensa che ci sia di più, se volete dare un occhiata a come si leggono le carte fate un giro sul mio sito...che è no profit....l'ho pubblicato per pura passione.

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  2. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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