...Quella volta che prese fuoco la poltrona
"Ricordo un aneddoto di tanti anni fa: doveva venire
a vedere un mio spettacolo una persona dalla nomea un po’ particolare. (racconta Gigi Proietti) Io ero abbastanza agitato,
ma poi, per fortuna, una telefonata mi avvisò che
non sarebbe più venuto. Tirai allora un bel sospiro di sollievo e salii sul palco tranquillo e rilassato.
Sennonché, nel bel mezzo della recita andò a fuoco una poltrona della platea. Quelli erano tempi in
cui a teatro si poteva ancora fumare; evidentemente qualcuno doveva aver lasciato una cicca accesa,
che poi avrebbe infiammato la stoffa e chissà. Bene,
alla fine ho scoperto che all’ultimo minuto, lo “iettatore” era invece venuto! Ditemi voi, come si fa
poi a non crederci! Non dirò mai chi è per una sorta
d’omertà positiva, ma a volte ci sono davvero delle
coincidenze che portano a strani sospetti.
Da buon cittadino, da persona civile, non mi
sono mai permesso di dire che qualcuno «porti
iella», però... Io ancora la vivo solo a livello di
gioco, non mi costa niente fare le corna o toccarmi
alcune parti anatomiche. Altri, invece, impazziscono per questi discorsi.
Vengo da una realtà contadina dove si credeva anche molto al malocchio. La mia povera mamma ci teneva. Io non ho mai pensato d’esserne vittima, però confesso d’avere fatto qualche volta la classica prova delle gocce d’olio nella scodella d’acqua. Fa parte di una ritualità antica che sicuramente incuriosisce un po’. Consiglio però di non provare, perché se poi si vedono le gocce che si allargano a dismisura, segnalando la presenza del malocchio, si rischia davvero d’andare in crisi.
l'intervista di Aliberti all'attore |
Proietti con GM Aliberti Gerbotto |
Vengo da una realtà contadina dove si credeva anche molto al malocchio. La mia povera mamma ci teneva. Io non ho mai pensato d’esserne vittima, però confesso d’avere fatto qualche volta la classica prova delle gocce d’olio nella scodella d’acqua. Fa parte di una ritualità antica che sicuramente incuriosisce un po’. Consiglio però di non provare, perché se poi si vedono le gocce che si allargano a dismisura, segnalando la presenza del malocchio, si rischia davvero d’andare in crisi.
Le mie sono tutte scaramanzie che ho imparato
nell’ambiente del teatro e che prima, da ragazzo,
non avevo. Oggi che ho quarantacinque anni di
carriera sulle spalle, le seguo tutte: la scala, il sale,
il viola, lo specchio... Quello del teatro è un me-
stiere talmente difficile e precario, che rende normale poi credere a queste cose. Il mio camerino è
pieno d’amuleti, dal ferro di cavallo al corno con
sopra pulcinella con la gobba.
Quando giravo con lo spettacolo A me gli occhi, please, che rivoluzionò un po’ il modo di fare i monologhi in Italia, faceva parte della scenografia una cassa di legno da cui prendevo dei cappelli per interpretare i miei personaggi. Bene, da allora questa cassa mi segue in tutte le tournée, sempre presente, messa in un angolino del palcoscenico.
Con la mia compagnia, la sera del debutto, prima d’andare in scena, usiamo invece metterci sempre tutti in circolo tenendoci per mano e poi, mentre facciamo un passo indietro per allargare il cerchio, diciamo in coro: «Je faremo ’n culo così!» E finiamo sputando tre volte a terra.
Quando giravo con lo spettacolo A me gli occhi, please, che rivoluzionò un po’ il modo di fare i monologhi in Italia, faceva parte della scenografia una cassa di legno da cui prendevo dei cappelli per interpretare i miei personaggi. Bene, da allora questa cassa mi segue in tutte le tournée, sempre presente, messa in un angolino del palcoscenico.
Con la mia compagnia, la sera del debutto, prima d’andare in scena, usiamo invece metterci sempre tutti in circolo tenendoci per mano e poi, mentre facciamo un passo indietro per allargare il cerchio, diciamo in coro: «Je faremo ’n culo così!» E finiamo sputando tre volte a terra.
L'intervista a Gigi Proietti è di Gian Maria Aliberti Gerbotto
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