La moglie del mio truccatore mi toglieva il malocchio
"In un certo momento della mia vita, al grandissimo successo di una mia serie televisiva è seguito un periodo negativo
(racconta Pupi Avati). Era verso l’inizio degli anni
Ottanta e mi ero convinto d’avere il malocchio.
Così, per farmelo togliere, ricorrevo alla moglie
di un mio truccatore, una giovane signora cresciuta nelle campagne della Basilicata, che aveva imparato questa pratica dalla nonna, con uno
strano rito: si mettevano tre gocce d’olio in una
scodella, cui seguiva una preghiera per vanificare
il malocchio.
Fatto sta che devo ammettere d’averne tratto dei benefici, tanto che dopo tornai a lavorare molto. Saranno state anche delle coincidenze, ma io ero molto suggestionato e attribuivo la mia ritrovata serenità lavorativa anche ai riti di quella signora. Purtroppo in seguito ebbi da ridire con suo marito e non la vidi più. Così negli altri momenti difficili che la vita mi ha portato, non sono più ricorso a questo genere di soccorso. Ne ho fatto a meno e le cose sono andate comunque a posto, tanto che, oggi, non lo farei più.
"In un certo momento della mia vita, al grandissimo successo di una mia serie televisiva è seguito un periodo negativo
il regista Pupi Avati |
Fatto sta che devo ammettere d’averne tratto dei benefici, tanto che dopo tornai a lavorare molto. Saranno state anche delle coincidenze, ma io ero molto suggestionato e attribuivo la mia ritrovata serenità lavorativa anche ai riti di quella signora. Purtroppo in seguito ebbi da ridire con suo marito e non la vidi più. Così negli altri momenti difficili che la vita mi ha portato, non sono più ricorso a questo genere di soccorso. Ne ho fatto a meno e le cose sono andate comunque a posto, tanto che, oggi, non lo farei più.
Probabilmente il malocchio me l’avevano mandato i miei colleghi. La nostra professione è molto competitiva e spesso gioisci degli insuccessi
altrui perché sai che questo ti regalerà uno spazio
in più. Forse la colpa è stata anche mia, era un
periodo in cui tutto mi andava troppo bene e probabilmente il mio atteggiamento non mi ha certo
aiutato a scongiurare tutta questa invidia. Vivevo
in uno stato d’ebbrezza, ne ho un po’ approfittato
ed è naturale che abbia poi attirato tanta rabbia.
Ero insopportabile e molti miei colleghi non mi
potevano proprio vedere.
Confesso poi d’essere molto scaramantico, ma sono liturgie che fanno parte del mio privato e non hanno nulla a che fare con il solito tredici, il gatto nero o il viola.
Non voglio svelare le mille piccole scaramanzie che contrassegnano la mia giornata, la mia professione e il mio rapporto con la sorte, per non violare un patto che ho con me stesso. La mia vita obbedisce in tutto a dei rituali, dalla cravatta che metto il giorno che devo fare una certa cosa a tutto il resto. E non mi affido certo al classico cornetto rosso. Ma se uno è veramente e autenticamente scaramantico, come sono io, e confonde la religione con la scaramanzia, come faccio io, non può poi divulgarle, per paura di depotenziarle, neutralizzarle. Ho dei rituali personali che obbediscono a delle regole che forse sono addirittura da psicanalisi, da psichiatria!".
Confesso poi d’essere molto scaramantico, ma sono liturgie che fanno parte del mio privato e non hanno nulla a che fare con il solito tredici, il gatto nero o il viola.
Non voglio svelare le mille piccole scaramanzie che contrassegnano la mia giornata, la mia professione e il mio rapporto con la sorte, per non violare un patto che ho con me stesso. La mia vita obbedisce in tutto a dei rituali, dalla cravatta che metto il giorno che devo fare una certa cosa a tutto il resto. E non mi affido certo al classico cornetto rosso. Ma se uno è veramente e autenticamente scaramantico, come sono io, e confonde la religione con la scaramanzia, come faccio io, non può poi divulgarle, per paura di depotenziarle, neutralizzarle. Ho dei rituali personali che obbediscono a delle regole che forse sono addirittura da psicanalisi, da psichiatria!".
L'intervista con Pupi Avati è di Gian Maria Aliberti Gerbotto
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