mercoledì 16 aprile 2014

Scaramanzie e superstizioni vip LINO BANFI

Film a parte… 
Al cornetto preferisco Padre Pio!


"All'anagrafe io nasco Pasqualino Zagaria, e iniziai la mia carriera con lo pseudonimo di Lino Zaga... Ma presto cambiai il cognome d'arte perché spinto dal consiglio del grande Totò che mi fece notare che nel mondo dello spettacolo sembrava portare fortuna accorciare il nome, ma portava invece sfortuna accorciare il cognome. Fu poi il mio impresario a suggerirmi quel “Banfi” per cui mi conoscete oggi... cognome però non propriamente pugliese! Ah ah ah
Questo a parte, forse è giunta l’ora di fare un po’ di chiarezza… -racconta Lino Banfi-
Al contrario di quello che tutti pensano, io non credo assolutamente nelle solite scaramanzie. Il Banfi che avete visto in film di successo, come Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio (vedi video), era solo un attore che interpretava il suo ruolo, un personaggio cinematografico, nulla più. Nella vita reale, invece, io non temo sciagure portate dai gatti neri che ti attraversano la strada, l’olio versato, il sale passato di mano in mano a tavola e simili superstizioni. Certo, confido nell’immaginetta di qualche santo (nel mio caso Padre Pio) che uno si porta dietro per sentirsi più sereno e protetto. 
C’è chi si porta il sale in tasca, chi un ferro di cavallo, chi un chiodo arrugginito; io porto il rosario e la medaglietta di Padre Pio. Se anche questa la vogliamo chiamare scaramanzia, allora anch’io sono scaramantico, ma di una scaramanzia diversa, positiva, che ti fa star bene con te stesso.
Gian Maria Aliberti Gerbotto a casa di Lino Banfi
Ma alla superstizione negativa io non credo. Chi ha stabilito che quella cosa, quel gesto, quel colore, quella canzone o quel povero gatto portino male? Ecco perché io, prima di arrivare all’andro- rincoglionimento totèle e prima di stendere le cuoia, quando farò il mio primo film da regista racconterò quanto segue: la giovane, bella e bona protagonista femminile la svestirò di viola! Un momen- to... vengo e mi spiego.
In una scena molto erotica, quando sarà spogliata dal suo giovane attore partner, la ragazza rimarrà solo in tanga e mini reggiseno di colore viola mentre voluttuosamente morde una mela: voglio vedere chi dirà che il viola porta mèle, come quando, nel mio vecchio film Il brigadiere Zagaria ama la mamma e la polizia, io dicevo: «Père che il pompelmo porti mèle».
Non finisce qui: farò attraversare la strada a un gatto nero e quando l’automobilista inchioda con la macchina per non passare, succederà un tamponamento a catena, mentre un pedone che, vedendo quello stesso gatto nero, lo accarezza e lo lascia passare, troverà per terra una busta con dentro centomila euro. Poi farò cantare la canzone La violeteira da una grande cantante e farò vedere che, nel backstage del teatro, gli attori, le attrici e i ballerini, mentre aspettano di andare in scena, fischiettano, lavorano all’uncinetto e alla lana, cose che, per molti teatranti, portano sfiga al massimo. Infine farò in modo che quando ti dicono in bocca al lupo, non si risponda più «Crepi il lupo!» ma, semplicemente, «Grazie!» Perché deve crepare per forza quel povero lupo? Non mi piace neanche “In culo alla balena!” perché è troppo laborioso uscirne!


L'intervista a Lino Banfi è di Gian Maria Aliberti Gerbotto


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