Pronunciando il suo nome si scatenò la rissa tra le mie
fidanzate.
"Alla presentazione di una mostra del
pittore Pietro Longhi, dove c’erano due mie fidanzate concorrenti che si erano ritrovate nello stesso luogo senza che una sapesse dell’altra, in conclusione del mio discorso introduttivo, come ho pronunciato il nome di un celebre iettatore, una delle due ha estratto una forbice e tagliato la treccia di capelli dell’altra. Da allora mi guardo bene dal pronunciare un nome impronunciabile! Credo che se qualcuno viene etichettato come iettatore, comporta che ci sia una buona ragione per pensarlo.
Questo non toglie che per anni abbia anche lavorato come docente in un’università diretta da un preside noto per essere uno iettatore, e lo abbia comunque sempre frequentato. Semplicemente, se devo dire i loro nomi, tendo a evitarlo per ragioni di scaramanzia puramente formale, non sostanziale.
Rispetto poi le comuni scaramanzie dal punto di vista del valore antropologico. Desidero che il sale sia poggiato sul tavolo e non passato di mano, desidero mangiare con un numero di persone che non sia tredici, evito i gatti neri, non passo sotto le scale... Ma non perché sia preoccupato di una reale conseguenza tragica alle mie azioni. Le tradizioni indicano questi atteggiamenti? E io per rispetto tendo a evitare quello che la tradizione suggerisce d’evitare.".
Vittorio Sgarbi |
"Alla presentazione di una mostra del
pittore Pietro Longhi, dove c’erano due mie fidanzate concorrenti che si erano ritrovate nello stesso luogo senza che una sapesse dell’altra, in conclusione del mio discorso introduttivo, come ho pronunciato il nome di un celebre iettatore, una delle due ha estratto una forbice e tagliato la treccia di capelli dell’altra. Da allora mi guardo bene dal pronunciare un nome impronunciabile! Credo che se qualcuno viene etichettato come iettatore, comporta che ci sia una buona ragione per pensarlo.
Questo non toglie che per anni abbia anche lavorato come docente in un’università diretta da un preside noto per essere uno iettatore, e lo abbia comunque sempre frequentato. Semplicemente, se devo dire i loro nomi, tendo a evitarlo per ragioni di scaramanzia puramente formale, non sostanziale.
Rispetto poi le comuni scaramanzie dal punto di vista del valore antropologico. Desidero che il sale sia poggiato sul tavolo e non passato di mano, desidero mangiare con un numero di persone che non sia tredici, evito i gatti neri, non passo sotto le scale... Ma non perché sia preoccupato di una reale conseguenza tragica alle mie azioni. Le tradizioni indicano questi atteggiamenti? E io per rispetto tendo a evitare quello che la tradizione suggerisce d’evitare.".
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